Mostra a cura di Abdellah Karroum
Fondazione Merz, 3 novembre 2016 – 5 febbraio 2017
La mostra site-specific di Wael Shawky si basa su Al Araba Al Madfuna, una trilogia di film ispirata ai racconti di Mohammed Mostajab intitolati Dayrout Al Sharif. La trilogia è stata filmata nel villaggio egiziano che porta lo stesso nome e l’artista ha girato la terza parte nell’antico tempio di Abydos, che è connesso ad Al Araba Al Madfuna con un passaggio sotterraneo. La mostra, che include la proiezione della serie completa di Al Araba Al Madfuna, occupa l’intero spazio della Fondazione Merz, incluso quello esterno. Insieme alle proiezioni, modelli architettonici e scenografie create appositamente per la mostra, ricreano l’atmosfera originale ispirata ai riferimenti storici, letterari e cinematografici da cui l’artista ha costruito le sue storie. Un libro d’artista accompagna la mostra.
Wael Shawky è il vincitore della prima edizione del Mario Merz Prize. È stato scelto dal pubblico e dalla giuria, composta da Manuel Borja-Villel, Massimiliano Gioni, Beatrice Merz e Lawrence Weiner, che hanno espresso la seguente motivazione per la loro decisione: “A fronte di un’eccellente panorama complessivo dei 5 artisti finalisti, in termini di qualità, profondità concettuale e precisione linguistica, il percorso di Wael Shawky è emerso come il più affine alle intenzioni del progetto. Si tratta, infatti, di un lavoro che unisce ricchezza tematica, capacità di combinare tra loro interpretazioni e argomenti anche rischiosi assieme all’uso del linguaggio filmico e dello storytelling sorprendentemente innovativo e contemporaneo. La poesia nella recitazione, la composizione degli scenari, la riflessione intorno alle tradizioni, la scelta di non agire all’occidentale restando in Egitto per raccontare la grande storia araba e del Medio Oriente fanno di Shawky un artista ricco di spunti che con una ricerca più che sull’autenticità o rilevanza storica degli eventi narrati si affida al linguaggio dell’arte per far emergere le contraddizioni del dialogo tra culture e credi distanti tra loro. In tal senso l’opera di Wael Shawky rappresenta al meglio uno specifico punto di vista generazionale che abbiamo voluto premiare con l’opportunità di presentare un nuovo progetto in una mostra monografica.”